La psicologia giuridica può essere definita come l’applicazione della scienza psicologica all’interno degli istituti giuridici. Il campo è vasto, poiché comprende sia l’indagine sui moventi “mentali” alla base delle varie normative ed istituzioni che compongono gli ordinamenti giuridici dei vari paesi, sia la disciplina più propriamente forense, che concerne l’applicazione pratica della psicologia all’interno del processo. Quindi il comportamento dei vari protagonisti del processo (imputati, testi, ma anche i giudicanti) e lo studio delle condotte umane divengono oggetto di studio ed indagine finalizzata al conseguimento di un positivo esito di una vertenza processuale.

La dottoressa Messina fornisce servizi di consulenza in ambito giuridico (civile e penale) ad avvocati, medici legali, Tribunali e ai privati cittadini che necessitano di un parere psicologico da utilizzare in contesti legali. La dottoressa si occupa, a questo proposito, della stesura di perizie psicologiche e consulenze tecniche di parte, nell’intento di orientare e assistere il cliente, le istituzioni e gli organi della Magistratura coinvolti direttamente o indirettamente in questioni di rilevanza giudiziaria.

I principali ambiti di intervento riguardano:

Contesto civile

La competenza psicologica si rivela utilissima nelle cause di separazione, divorzio, affido dei minori e nelle Consulenze Tecniche richieste dal Tribunale. In questi casi i quesiti più comuni riguardano la valutazione delle capacità genitoriali dei coniugi, l’osservazione della relazione tra genitori e figli, la valutazione delle condizioni psicologiche del minore.

La dottoressa Messina svolge queste attività in qualità di Consulente Tecnico di Parte e d’Ufficio.

Nel processo civile, infatti, lo psicologo nominato quale consulente con specifiche competenze tecniche viene chiamato consulente tecnico d’ufficio (CTU). Il consulente nominato ha l’obbligo di prestare il suo ufficio e presta giuramento “di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di far conoscere ai giudici la verità”.

Il giudice istruttore, al momento della nomina del proprio consulente, assegna alle parti un termine per eventualmente nominare un proprio consulente, definito consulente tecnico di parte.

Il CTU può assistere alle udienze, compiere indagini e chiarire il corso delle sue attività; il consulente tecnico di parte può essere presente alle operazioni del CTU e partecipare, insieme a questo, all’udienza e alla camera di consiglio; può chiedere chiarimenti e/o fare delle osservazioni sul lavoro svolto dal CTU e presentare una propria relazione. 

Contesto penale

Rientrano in questa casistica i contesti in cui si rende necessario valutare, ad esempio, l’imputabilità o la pericolosità sociale, la capacità di stare in giudizio, la circonvenzione di incapace, l’idoneità a rendere testimonianza.

Anche in questo contesto la consulenza può essere peritale o di parte.

Il giudice può richiedere l’ausilio di un perito in diverse fasi del processo, durante l’udienza preliminare, il dibattimento, l’incidente probatorio, o nella fase pre-processuale delle indagini preliminari.

Il perito ha la facoltà di visionare gli atti, i documenti e le cose prodotte dalle parti, nonché assistere all’esame delle parti e all’assunzione delle prove. Questo è possibile perché il perito è a tutti gli effetti un “pubblico ufficiale”.

Il consulente tecnico di parte può invece partecipare alle operazioni peritali, fare richieste e osservazioni al giudice che le verbalizzerà. Può proporre al perito specifiche indagini, formulare osservazioni e riserve che andranno nella relazione peritale.

La dottoressa Messina, che opera in entrambi i ruoli, si avvale di strumenti testistici (link a pagina psicodiagnosi) e psicodiagnostici per integrare e approfondire la sua valutazione.

 

Valutazione del Danno biologico di natura psichica

Il danno alla persona rientra nel complesso, controverso settore che valuta la natura e l’entità delle conseguenze – di carattere fisico e psicologico – connesse ad eventi di natura dolosa o colposa, al fine di giungere a un risarcimento economico che possa compensare, in qualche modo, il danno provocato.

Il codice prevede due tipologie di danno, patrimoniale e non patrimoniale. Nel primo caso, l’entità del danno viene calcolata, appunto, in relazione alla diminuzione patrimoniale che la persona ha subito, attraverso la perdita di beni o di situazioni per sé vantaggiose e prevede, quindi, un risarcimento calcolato in base al criterio del reddito della persona lesa. Il danno non patrimoniale – che indica la sofferenza, non solo fisica, della persona, il dolore e le conseguenze causati dall’azione subita – può essere risarcito solo quando l’azione che l’ha prodotto costituisce un fatto illecito.

Si considerano relativi a quest’ambito gli eventi traumatici, le situazioni di stalking, mobbing, gli incidenti e tutte le situazioni in cui la persona si trova a sviluppare un malessere psicologico ed esistenziale. La dottoressa Messina valuta, in questi casi, la presenza e l’entità del danno, che andrà eventualmente risarcito.